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Con Rasmata e la Fondazione Rama contro le mutilazioni femminili

AFRICA:

Con Rasmata, la signora dal cuore gentile, e la Fondazione Rama, contro le mutilazioni femminili, i matrimoni precoci e il dramma delle fistole ostetriche.

Era il marzo 2017 allorché l’associazione ARTABAN Onlus incrociò sul suo percorso fatto di passione e generosità, Rasmata Kabré, un’ostetrica ausiliaria, nota in Burkina Faso per la sua battaglia contro le pratiche tradizionali, dannose per la salute delle madri e delle ragazze (lotta contro le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci, nonché promozione della pianificazione famigliare) e, particolarmente, per il suo impegno a favore delle donne che soffrono di fistole ostetriche.

Fu a Niamey, in Niger, che scoprì il dramma delle donne che soffrono di tale patologia, impossibilitate a curarsi per indigenza, riuscendo a leggere nei loro occhi la sofferenza causata dal dolore fisico e dal dolore dell’abbandono.

Tornata in Burkina Faso, Rasmata, la signora dal cuore gentile, decise di creare la Fondazione Rama per accoglierle, per assisterle psicologicamente, per indirizzarle ad uno specialista della salute per le cure mediche e per lavorare sul loro reinserimento sociale.

Lasciati temporaneamente da parte i suoi impegni, ci ha accompagnati alla scoperta di una realtà a noi sconosciuta, dove la drammaticità della condizione psico-fisica di molte donne colpite da fistole ostetriche si evolve in una serenità ritrovata, insieme alla salute, al lavoro, a nuovi rapporti sociali.

Le fistole ostetriche sono state praticamente debellate in Occidente, mentre continua inesorabilmente a affliggere le popolazioni sub sahariane che non hanno accesso ad adeguate cure specialistiche, in particolare le donne incinte. Sono infatti quasi un milione e mezzo in tutto il continente africano le vittime di questa condizione causata da una lacerazione da parto – forse una delle più tragiche tra le complicazioni prevenibili – la cui conseguenza principale è l’incontinenza urinaria o fecale. Una situazione che porta inesorabilmente all’esclusione sociale (a cominciare da quella dei propri mariti), alla sofferenza ed alla vergogna, costringendo chi ne è affetto a vivere in rassegnato isolamento.

La Fondazione Rama ha deciso di reagire costruendo una sorta di “Villaggio per Donne”, proponendosi di inserire in un ambiente sereno ed accogliente le vittime di mutilazioni genitali, di fistole ostetriche o in fuga da matrimoni precoci, offrendo loro assistenza medica e psicologica e una formazione lavorativa, accompagnandole gradualmente nel reinserimento sociale.

Il Centro alle porte di Ouagadougou ospita attualmente una quarantina di giovani donne, assistite da personale specializzato. Per i loro bambini è stata allestita una efficientissima scuola, mentre per loro sono attivi laboratori di cucito, di tessitura, un ampio spazio dedicato alle coltivazioni, che contribuiscono all’autonomia nutrizionale di tutti. Completano il tutto una cucina comune, ambienti abitativi, uffici amministrativi e gli indispensabili ambulatori.

Facendoci visitare il loro insediamento, giustamente orgogliosa di quanto sinora realizzato, Rasmata ci spiega anche che “la nostra ambizione è quella di riuscire a disporre dei mezzi necessari per coprire tutto il territorio burkinabé, per sensibilizzare la popolazione sui pericoli delle pratiche tradizionali nefaste e prendere in carico le donne che ne sono vittime”.

ARTABAN Onlus ha deciso di porsi al loro fianco, in ogni forma di partenariato possibile, anche in considerazione del fatto che la nostra mission si sta sempre più indirizzando verso le fasce più deboli della popolazione femminile.

Con il consenso di Rasmata Kabré e dell’interessata, pubblichiamo testualmente la drammatica testimonianza di Salimata, “sposa bambina” a 13 anni per matrimonio combinato con un uomo molto più anziano, sottoposta a mutilazioni genitali femminili e affetta per lunghi anni da fistole ostetriche.

 

Sono Salimata e sono originaria di B. Sono vittima della fistola ostetrica. Sono qui alla Fondazione Rama da otto anni. La mia situazione comincia ad andare, ma ho tutt’ora bisogno di cure. Intanto, qui imparo a fare tessitura e molte altre cose …

Mi stanno curando, ma il mio calvario non è finito. I miei problemi non erano solo legati alla fistola, ma ho anche subito l’escissione, la mutilazione genitale femminile, e sono stata obbligata a sposarmi a 13 anni con un uomo molto più vecchio.

Son rimasta quasi subito incinta, ovviamente era il primo parto. Questa malattia è molto difficile, soprattutto per una bambina, quale ero io. Mio figlio è morto. Nel frattempo sono partita per la Turchia ed ho cominciato a subire i primi interventi … hanno distrutto tutto, senza riuscire a curarmi, e non potrò più avere figli. Infine mi hanno detto che solo in California c’era speranza di curarmi.

In più, quando sei colpita da questa malattia, tuo marito non ti vuole più; per fortuna, la mia famiglia mi sostiene. Prima di incontrare la Fondazione Rama non sapevo cosa fosse questa malattia, non ne avevo mai sentito parlare. Soffrivo e mi chiedevo: che mi è successo? Perché soffro così tanto? Non sarebbe meglio morire?

Un giorno ho sentito parlare della Fondazione Rama e subito mi hanno portato qui; ho subito altri interventi, almeno 10. Un giorno, partita per l’ospedale, il dottore mi ha visitata, mi ha prescritto tutta una serie di esami, ma mi ha anche detto che lui non poteva fare più niente per me, che era inutile che mi operasse perché il mio era un caso troppo complicato, con troppe aderenze qui (si scopre l’ombelico, mostrando una cicatrice profonda che scompare sotto gli slip, N.d.R.). Io ho pianto, pianto, pianto…

Siamo rientrati e Mme Rasmata mi ha chiesto perché ero tornata, al che ho risposto che per il dottore non c’era più nulla da fare per me e tanto valeva che me ne tornassi a casa. Anche Rasmata era scoraggiata. Ma poi mi ha detto: “No, tu devi sperare e pregare molto. Ho già visto un caso come il tuo; se non ti curano fuori, ti faremo curare noi, qui dentro”.

Oggi non è ancora finita, qui dentro faccio dei lavoretti e mi sento utile; prima soffrivo molto e non sapevo che, anche con questa malattia, puoi renderti utile e sostenerti, così come le altre donne. Faccio tessuti, saponi, giardinaggio … tutto. Anche quando torno al villaggio, tutti vedono che sono cambiata. Mi hanno dato una speranza, e prego ogni giorno che ciò si avveri!

Alle donne nella mia condizione io dico: il primo problema, il nemico è tuo marito. È lui il nemico e ti rimane solo la tua famiglia. Ma anche in questo caso, se non sono informati e preparati, c’è il rischio che ti respingano.

Oggi comincia ad andare, ma spero di giungere a guarigione completa, a poter vivere una vita tutta mia, anche se non potrò mai più avere figli … Ma non è facile….