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Intervento di Artaban Onlus al Centro Agricolo di Goundi

AFRICA:

“Personalmente, l’ho incontrato più volte, sono stato spesso suo ospite a Goundi e, anzi, sono stato pure suo compagno di viaggio, riaccompagnandolo quando dopo un breve soggiorno a Chieri tornò per l’ultima volta in Burkina, tra la ‘sua’ gente …  E a me, come a tutti quelli che hanno incrociato la sua strada, quest’uomo visionario e di azione ha lasciato un segno indelebile”, rammenta Roberto Veglia, presidente di ARTABAN Onlus.

 

Quando abbiamo cominciato a muovere i primi passi in Burkina, al seguito di fr. Albino Vezzoli, abbiamo avuto il privilegio di incontrare, sulla via di Goundi, fr. Silvestro Pia dei Fratelli della Sacra Famiglia, all’anagrafe Ettore Pia, classe 1920, morto nel 2003 dopo 45 anni dedicati alla popolazione burkinabé.  Dove ha aperto porte e braccia a migliaia di orfani creando dal nulla il Centro Agricolo di Goundi, e altre realtà satelliti similari. Insegnando loro norme di vita, unitamente ad un mestiere: chi contadino, chi allevatore, chi meccanico, chi falegname, chi saldatore. O, come scriveva il nostro vice presidente Augusto Grandi nel suo saggio “Sistema Piemonte” (Intergraphica, 2005), riparatori di biciclette “importate, scassate (…) e rimesse a nuovo per essere vendute nel Paese africano, garantendo la sopravvivenza a centinaia di persone”. O addirittura vignaioli, perché “da buon piemontese, fr. Silvestro ha portato in Africa le barbatelle di Barbera e di Moscato” che, a 15 anni dalla sua morte, il confratello Nazaire, ha deciso di riportare a nuova vita.

Scrive Cristina Siccardi (cfr. http://www.santiebeati.it/dettaglio/94469) che nell’ottobre 1958 lasciò l’Italia per l’Alto Volta, oggi Burkina Faso, “con altri due confratelli per aprire un primo insediamento in Burkina Faso dei Fratelli della Sacra Famiglia”. Otto anni dopo, dà vita al Centro agricolo di Goundi, “a pochi chilometri da Koudougou. Nonostante lo scetticismo, ottenne dai capi dei villaggi gourounsi cinque ettari di terreno, sui quali realizzò prima gli orti, poi le case. Nella sua narrazione, la Siccardi evidenzia che Silvestro “era rabdomante, scoprì l’acqua e (…) diede inizio alla semina prodigiosa: limoni, mandarini, pompelmi, papaia, insalata, cavoli, cavolfiori, patate, fagioli, melanzane, finocchi, peperoni, pomodori, piselli, zucchini… e l’uva, bianca e nera con due vendemmie annuali, in settembre e in febbraio. Nel 1977 si giunse a raccogliere sette tonnellate di grappoli, dai quali si ricavarono quattromila litri di vino”.

“Memore delle giornate trascorse con lui nella sua vigna – ricorda ancora Roberto Veglia – nell’autunno 2018 passeggiavo in quella stessa vigna, in compagnia del suo giovane confratello Nazaire, con lo stesso amore per quelle piante, molte delle quali consunte dalla siccità, esauste dalle due vendemmie annuali, corrose alla radice dalle termiti. Era come se fr. Silvestro indirizzasse i pensieri di noi due verso un unico sogno: il suo ed il mio, di veder risorgere quella vigna in tutto lo splendore originale”.

Grazie all’ormai “mitica” suor Luigina – sempre in pista con le consorelle sr. Eliana e sr. Céline, per venirci incontro o per controllare di persona i nostri progetti – in gran segreto sono state commissionate 120 barbatelle di vite, 20 per la Comunità delle Suore del Santo Natale, 100 per ripristinare la “Vigna di Silvestro”.

Quando lo ha saputo, fr. Nazaire quasi non ci credeva, pensava di aver capito male la quantità complessiva di viti a sua disposizione. Riavutosi dalla sorpresa, ci ha scritto per esprimere tutta la sua gratitudine, “per questo grande dono delle viti, avete fatto un’opera meritoria; ho reso partecipe di ciò il Provinciale, fr. Sylvain, che vi ringrazia, molto contento (…) Dio vi benedica; fr. Silvestro, che amava davvero molto la vigna, lassù in cielo deve essere felice per il regalo che avete fatto al suo Centro”.